Intervista a Saulo Addari, lo chef, l’uomo e il supereroe

Intervista a Saulo Addari, lo chef, l’uomo e il supereroe

Non tutti i miei viaggi “on the road” alla ricerca di saperi&sapori sono uguali, come non lo sono tutti i ristoranti, i cuochi e – soprattutto – gli uomini. Ci sono delle storie in grado di infrangere la quarta parete, toccando le corde più profonde dell’animo del lettore, quelle che aveva seppellito in un cassetto impolverato. Alcune sofferenze, infatti, sono così grandi da provare che preferiamo pensare non possano esistere nel quotidiano. Meglio uscire per strada armati del miglior sorriso e del miglior cappotto firmato. Là fuori, infatti, dobbiamo apparire vincenti, indistruttibili, invincibili. E le debolezze? Questa società non le contempla.

La storia di oggi, invece, è in grado di forzare senza timori quel fantomatico cassetto, raccontando la sofferenza in maniera leggera, quasi fanciullesca. Oggi vi racconto la storia di un cuoco e di un uomo. Due profili racchiusi in un unico corpo, un corpo che non sfida soltanto i ben noti grattacapi del mondo della ristorazione ma che combatte contro qualcosa di molto più sottile e taciturno. E spaventoso.

Ciao Saulo, e grazie per averci accolti. Parlaci un po’ di te, del cuoco che è in te.

Sono Saulo Addari classe ’84; nell’estate del 2001 ho fatto la mia irruzione nel mondo della ristorazione partendo dal gradino più basso. Ero lavapiatti presso la prestigiosa Villa Romanazzi Carducci a Bari.

La tua gavetta è stata tosta?

Posso dire di aver fatto un bel giretto tra pub e bistrot mentre continuavo a formarmi. Ho conseguito il secondo diploma (il primo è di Ragioneria!) presso l’Alberghiero Armando Perotti e poi quello di sommelier AIS.

Una formazione, quindi, voluta, sofferta ed ottenuta.

I primi ristoranti son serviti a “farmi le ossa”. Dopo Alberosole e l’Hotel Boscolo (l’ex Hotel delle Nazioni, sempre a Bari) mi hanno affidato il ruolo di chef presso il Relais Villa San Martino a Martina Franca.

Lì, se non sbaglio, hai incontrato anche l’amore.

Al Relais ho incontrato Lucia, la mia attuale compagna/socia di vita. Professionista nell’accoglienza dell’hotellerie. Poi è nata Aurora, una bambina stupenda di 15 mesi.

Quando è scoccata l’ora del TUO ristorante?

Il 1 Settembre 2014 abbiamo inaugurato Perbacco ristorante-vineria, puntando tutto sulla Puglia, gettando nel calderone i nostri percorsi formativi. Di grande risalto gode la nostra carta dei vini. Attualmente contiamo 59 etichette pugliesi, dal Nord al Sud della nostra bellissima regione.

Che tipo di ristorante è il vostro?

Siamo un ristorante intimo di 10 tavolini appena. Dall’appuntamento di lavoro, alla serata romantica, a quella in famiglia, fino al pasto veloce, Perbacco è in grado di soddisfare tutti.

Il nostro intento era quello di creare una sorta di ristorante d’hotel… pur non essendo in un hotel!

Parlaci della tua cucina.

La mia cucina è spudoratamente espressa, viene tutto preparato nel momento in cui arriva l’ordine. Vogliamo coccolare i nostri clienti. Il menù verte su regionalità e stagionalità, anteponiamo i prodotti locali dei piccoli produttori di Locorotondo.

La Valle d’Itria, incrocio di province diversissime fra loro che vanno a formare una provincia tutta loro, la provincia della Bellezza. Cosa vuol dire per te questo territorio?

La Valle D’Itria è un luogo magico, ricco di verde e tradizioni immutate nel tempo. Locorotondo è un’isola felice che ha accolto questo chef-naufrago come un figlio.

Come vedi l’evoluzione della ristorazione?

Bella domanda! La ristorazione, purtroppo, si sta riempiendo di imprenditoruncoli o presunti tali… ma dovrebbe essere un’altra cosa. Oggi si pensa più al target ed profitto che alla passione, al sacrificio, all’amore per il prossimo.

Adesso, caro Saulo, sfilati la giacca da chef e lascia parlare l’uomo, anzi il guerriero. Ti va di svelarci il nome del mostro contro il quale stai combattendo?

Il mostro con cui combatto è invisibile, onnipresente, sempre in agguato. Un mostro che ti logora lentamente e inesorabilmente. Soffro di una patologia rara, probabilmente genetica, è una neuropatia cronica demielinizzante progressiva “HMNS5”. Ha colpito in special modo la parte dominante del mio corpo, soprattutto la mano destra.

Nella vita di tutti i giorni, questo cosa comporta?

Questa patologia mi ha portato ad avere dei disordini muscolari. I muscoli non lavorando bene scaricano il peso sui nervi che, a causa della demielinizzazione, a loro volta lo scaricano sulle articolazioni e sulle ossa, portandomi ad una non buona deambulazione ed a fare movimenti scorretti.

Immagino quello che voglia dire per il ristorante.

Non riesco quasi più ad opporre il pollice e, di conseguenza, a girare il forchettone per la pasta, afferrare in modo saldo gli oggetti, usare le pinze per le lische, annodare, stappare… insomma, un po’ tutto. Per il nostro ristorante è un grande problema. Bisogna rivedere tutto in maniera diversa ed ergonomica per poter sfruttare le mie “forze residue”.

Ora cambiamo argomento. Ti porrò qualche domanda, una dietro l’altra, giusto per farmi i fatti dell’intervistato. Che ce voi fa’, sono i doveri da espletare per noi vecchi giornalisti di spessore!

Daje. Sono pronto.

Il tuo supereroe preferito?

Spiderman.

Il tuo piatto preferito da “piccolo”?

Forse ero un bambino atipico perché adoravo le penne in salsa “anti-vampiro” (stracariche di aglio, of course).

Ed ora, invece, qual è IL tuo piatto per antonomasia?

Tortino di Caciocavallo e patate con Capocollo di Martina Franca.

Chi ti senti in dovere di ringraziare?

Un grazie col cuore in gola a nonna Tota che mi ha “iniziato” alla cucina catapultandomi nel mondo degli odori e dei sapori giudaico-romaneschi.

Un grazie col cuore ardente a mia moglie che mi ama, supporta e sopporta.

Un grazie col cuore in mano a mia figlia, che mi salva, con il suo sorriso, in ogni circostanza.

Se oggi ti venisse a trovare la tua versione da bambino, secondo te, cosa ti chiederebbe? E tu cosa gli risponderesti?

Saulino:- Saulo, cosa vorresti fare da grande?

Saulo:- Sai, Saulino… noi cuochi non abbiamo tutte le rotelle al posto giusto. Ma abbiamo anche un potere: cresciamo senza diventare vecchi. Quindi da grande continuerò a fare lo chef, il lavoro più bello del mondo.

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