Ristorazione: quali sono le conseguenze per il comparto alla luce degli ultimi Dpcm

Ristorazione: quali sono le conseguenze per il comparto alla luce degli ultimi Dpcm

Questo 2020 si sta dimostrando un anno difficile per tutti, ma per il comparto della ristorazione è davvero molto, molto complicato. Dopo la reazione valorosa della scorsa primavera da parte dei ristoratori alla pandemia di Covid 19 e al lockdown generalizzato, si è avuto un po’ di respiro nella stagione estiva. Dall’inizio del mese di ottobre, invece, con l’arrivo della temuta “seconda ondata” del virus, sono tornate le chiusure, e i Dpcm si susseguono spostando l’orario di chiusura dei ristoranti sempre prima. Ciò potrebbe determinare una crisi senza precedenti.

Fipe Confcommercio chiede adeguate compensazioni economiche

Non ci sta la Fipe-Concommercio, la Federazione dei Pubblici Esercizi, che rispetto alle ultime misure contenitive varate dal Governo e alle chiusure con orari anticipati sottolinea come questi provvedimenti “costeranno altri 2,7 miliardi di euro alle imprese della ristorazione”. Aggiungono poi che “Se non accompagnate da contemporanee e proporzionate compensazioni di natura economica, tali misure sarebbero il colpo di grazia per i pubblici esercizi italiani, che già sono in una situazione di profonda crisi, con conseguenze economiche e sociali gravissime”.

Quello che le rappresentanze sindacali dei commercianti fanno notare è come queste norme abbiano già innescato un effettivo svuotamento dei locali e rimarcano l’importanza di ricevere, da parte degli esercenti della ristorazione e del comparto food and beverage, adeguati provvedimenti economici a fondo perduto, oltre a crediti di imposta per gli affitti e moratorie fiscali. Chiedono ancora provvedimenti sulla tassazione locale e il prolungamento degli ammortizzatori sociali, tipo la cassa integrazione.

Un comunicato molto duro, ma chiaro sulla posizione dei ristoratori italiani

Nel comunicato che la Fipe-Confcommercio ha divulgato a tutti gli organi di informazione si legge inoltre come: “Gli imprenditori di questo settore si stanno dimostrando persone responsabili, che rispettano rigorosamente i protocolli sanitari loro imposti, che non possono reggere ulteriormente una situazione che decreterebbe la condanna a morte per migliaia di imprese. È evidente che non si possono far ricadere le responsabilità del ritorno dell’epidemia sul nostro comparto: sono altri i fattori che hanno purtroppo causato una nuova emergenza”. “Sarebbe una scelta disastrosa – continuano – con la disperazione e la rabbia che sta crescendo oltre il livello di guardia. La pandemia va gestita con attenzione sicuramente alla salute, ma anche riscontrando le aspettative e le esigenze del settore che il governo conosce perfettamente perché la Fipe le ha trasferite nelle occasioni di confronto istituzionale”. “Chiediamo – conclude Fipe-Confcommercio – di poter continuare a lavorare per non morire e per questo servono, senza ritardo o inutili annunci, le misure promesse”.

La preoccupazione degli addetti del settore e degli chef

La preoccupazione per queste misure viene anche da noti chef, anche stellati. Antonia Klugman, ad esempio, del noto “Argine a Vencò” nota come (così dichiara al Corriere della Sera) non sia chiara “La differenza tra pranzo e cena: in un ristorante come il mio, che ha da sempre solo 22 coperti, la differenza non c’è: se non c’è rischio a pranzo, non c’è nemmeno a cena. Dopo di che, però, mi rendo conto che sia stata fatta una scelta sui grandi numeri: è difficile stabilire regole che vadano bene per tutti i locali d’Italia, tanto diversi tra di loro”. Neppure Klugman, così come tantissimi altri, si dice comunque certa sulla possibilità di tenere aperto il suo ristorante tutti i giorni. Ad ogni modo, sono allo studio del Governo delle soluzioni, come il Decreto Ristoro, che dovrebbe essere studiato già nella giornata di domani (27 ottobre 2020).

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