Pasta Mancini, nuovo modello d’impresa studiato dall’università di Bologna

Pasta Mancini, nuovo modello d’impresa studiato dall’università di Bologna

Gli italiani e la pasta: l’università di Bologna indaga sulle abitudini dei consumatori e su un nuovo modello d’impresa insieme al primo pastificio agricolo in Italia. Si tratta del Pastificio Agricolo Mancini, presentato – appunto – dall’università di Bologna come modello di business ideale, al dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari.

Pasta Mancini, nuovo modello d’impresa studiato dall’università di Bologna

Bologna, 27 giugno 2017 – L’Università di Bologna è il luogo dove è partita l’avventura imprenditoriale ed agricola di Massimo Mancini ed è la stessa università che gli ha dedicato un seminario aperto alla stampa e a gli studenti dove si è parlato di modello d’impresa a cui guardare per rilanciare il settore agricolo. Al centro della conferenza stampa-seminario, un’indagine di mercato sul rapporto tra gli italiani e la pasta.

 

Il 2017 è l’anno dei cereali: i produttori si trovano proprio in questo periodo alle prese con un raccolto senza precedenti da molti anni, per qualità, quantità, salubrità, resa per ettaro, percentuale di proteine. Ed è nell’anno dei cereali che Mancini Pastificio Agricolo viene presentato come case history, un esempio di come si possa portare avanti un modello diverso di produzione e trasformazione del prodotto, la pasta. Il Plesso di Agraria, dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, ha organizzato oggi una conferenza stampa-seminario dedicata all’azienda marchigiana e alla presentazione di un’analisi di mercato sul sul consumo della pasta in Italia. Obiettivo: individuare il livello di consapevolezza rispetto alle tecniche produttive, al valore della pasta artigianale, alla lotta allo spreco.

 

L’ha realizzata, per conto di Mancini Pastificio Agricolo, la società Last Minute Market, spin off dell’Alma Mater, in collaborazione con SWG, su un campione di 1.300 soggetti maggiorenni. «La nostra mission è quella di dare valore al prodotto e soprattutto ai produttori, da sempre i più penalizzati, perché all’interno della filiera sono coloro che meno beneficiano del valore aggiunto» ha raccontato il prof. Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e docente di Economia Agraria nel Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. «Questa indagine ci consente di comprendere se esistano spazi di mercato per un prodotto sostenibile sotto tanti punti di vista: economico, in primis, ma anche ambientale e sociale. Vogliamo ragionare su un modello differente, come quello rappresentato da Mancini, e da altri che vorranno seguire il suo esempio».

 

Per Massimo Mancini, titolare del pastificio, è stato un ritorno a casa: è da questa università che è partito, laureandosi con una tesi sulla filiera del grano duro, con il professor Giorgio Stupazzoni, presente alla conferenza stampa.

 

Come ha evidenziato l’indagine, il mercato della pasta artigianale attualmente seduce il 7% degli intervistati, che hanno affermato di utilizzarla abitualmente. «C’è un mercato di nicchia che può comunque essere esteso, abbiamo registrato segnali incoraggianti e indizi che ci indicano una direzione da seguire» ha confermato Massimo Mancini.

 

Come ha raccontato Matteo Guidi, AD Last Minute Market: «Nonostante la crisi, gli italiani sono disposti a spendere di più per una pasta di qualità: in media 1,6 euro per 500 gr, con il 10% degli intervistati che spenderebbe fino a 2,5-3 euro, la fascia di prezzo in cui si colloca la pasta di Mancini Pastificio Agricolo. Il fatto che una pasta sia prodotta dalla stessa azienda che coltiva il grano – una caratteristica peculiare e del pastificio marchigiano – rappresenta un valore abbastanza importante per la metà degli intervistati e molto importante per il 36%». Un aspetto da non sottovalutare è una certa carenza di informazioni da parte del pubblico sulla provenienza della materia prima: la maggior parte, infatti, ignora quanti km faccia il grano prima di essere trasformato in pasta. Oltre la metà delle persone che hanno partecipato all’indagine ha una nozione piuttosto vaga riguardo ai procedimenti utilizzati per la produzione di pasta. «Per essere un Paese in cui mediamente si consuma questo prodotto quasi 5 volte alla settimana è quanto meno curioso che regni una tale confusione riguardo a come viene prodotta» ha commentato Matteo Guidi. «Ecco perché è importante promuovere una maggiore comunicazione riguardo alla filiera». Per quanto riguarda lo spreco alimentare, un dato sconfortante: secondo le informazioni fornite da Last Minute Market, la pasta cotta sarebbe l’alimento maggiormente gettato via, proprio perché non gli viene attribuito abbastanza valore.

 

Ecco perché il progetto di Mancini Pastificio Agricolo risulta, dati alla mano, vincente. A partire dalla sua storia. «Dopo la laurea e varie esperienze manageriali sono tornato nella mia terra d’origine, Monte San Pietrangeli, con un’idea: realizzare la pasta a partire dal grano e dai campi di famiglia, all’epoca 60 ettari, che ora sono diventati 500, e cresceranno ancora» ha raccontato Massimo Mancini. Nonostante l’impiego di un macchinario tecnologicamente all’avanguardia, realizzato su misura, è assolutamente un prodotto dall’anima artigianale. «Utilizzando il nostro grano, lo conosciamo perfettamente, e ogni anno, a seconda del raccolto, adattiamo tutto il processo produttivo alle sue caratteristiche, in modo tale da ottenere il meglio da ciò che abbiamo. Un approccio simile alle etichette vinicole: ecco perché su ogni pacco di pasta indichiamo l’annata».

 

Il centro di questo progetto è il pastificio realizzato in mezzo ai campi di grano, nelle Marche, – territorio votato al grano duro – dove batte il cuore dell’azienda. Una piccola rivoluzione nel “Paese della pasta”, dove gli agricoltori, strangolati economicamente da un prezzo dei cereali estremamente basso, conferiscono il loro grano duro e sopravvivono spesso solo con i contributi della Comunità Europea. «Normalmente è il marketing a fissare il prezzo, e a chi lavora la terra vanno le briciole. Noi facciamo il contrario: è la qualità del lavoro nei campi e nello stabilimento che definisce il costo di un pacco di pasta. Alle spalle abbiamo anni di apprendistato e di studio, un piano marketing costruito su misura, e la voglia di proporre il nostro prodotto “battendo il marciapiede” palmo a palmo. Facciamo assaggiare la nostra pasta a chef di ristoranti stellati e botteghe di alto livello, lasciando che siano loro a decidere se e come utilizzarla. Una strategia che ci sta premiando, e che discende dallo stesso rapporto concreto e trasparente che sorregge la parte produttiva» ha concluso Massimo Mancini.

 

Oggi Mancini Pastificio Agricolo fattura 2,5 milioni di euro, a fronte di un investimento iniziale di 1,5 milioni, ha moltiplicato per dieci la resa economica di ogni ettaro coltivato, dà lavoro a 25 persone e 40 agenti in Italia, esporta il 25% della pasta prodotta. La sua pasta è utilizzata, tra gli altri, da Enrico Crippa, Annie Féolde e Riccardo Monco, Nadia e Giovanni Santini.

 

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