La ristorazione e la mancanza di personale: è arrivata la tempesta perfetta

La ristorazione e la mancanza di personale: è arrivata la tempesta perfetta

Ricevo mediamente 3 telefonate al giorno da parte di ristoratori di tutta Italia letteralmente disperati perché alle prese con la ricerca di personale (cucina e sala) che in questi ultimi mesi fanno fatica a trovare. Chef, direttori di albergo, F&B Manager e ristoratori che mi pregano di aiutarli a trovare risorse umane con esperienza; a qualsiasi prezzo e con contratti seri. Imprenditori disposti a pagare bene, benissimo, pur di non rimanere con la cucina o con la sala incompleta. Ho indagato, facendo domande in prima persona ai ragazzi che stanno abbandonando questo settore. La sensazione che ho avuto è che in corso una tempesta perfetta della ristorazione, una serie di congiunzioni e combinazioni sociali antropologiche, che stanno mettendo in ginocchio il settore turistico del nostro Bel Paese.

Realtà e visioni distorte del problema

Qualcuno, per ignoranza o cattiva fede, dice che il problema è che molti imprenditori pagano poco. A mio parere sono solo scuse; e – di fatto – con queste conclusioni superficiali, puerili e poco proattive, non si risolve il problema. Come per qualsiasi altro settore, c’è chi paga bene e chi paga poco e, credetemi, oggi più di ieri, se fai il cuoco o fai il cameriere, ed hai esperienza, vieni retribuito molto ma molto meglio. E a conferma di quanto sostengo (e a demolizione di qualsiasi tesi che spiega questa assenza di personale come riflesso di orari massacranti e paghe sottodimensionate) sapete cosa c’è? C’è che è in crisi proprio il segmento turistico medio-alto che è disposto a pagare di più e a rispettare qualsiasi contratto di lavoro. Pizzerie, trattorie e fast-food sembrano avere meno problemi rispetto all’alta ristorazione e all’industria specializzata.

E allora questi ragazzi non hanno più voglia di fare sacrifici? La risposta è quasi sempre si. Il che non significa non aver voglia di lavorare, ma semplicemente voler dare più spazio alle relazioni personali e alla vita privata, anche a costo di stare a casa senza far nulla. Ma cosa è successo così all’improvviso che ha portato tutta la ristorazione a subire questo tsunami di ritiri?

La ristorazione e la mancanza di personale: i miei 5 “perché”

Tra le motivazioni per cui molti abbandonano questo mestiere, al 1° posto della mia personale classifica c’è la combinazione “reddito di cittadinanza” e “rifiuto di lavorare durante i weekend“. In privato potrei fare nomi e cognomi di ragazzi talentuosi che mi hanno detto esplicitamente che preferiscono stare a casa e prendere il reddito sociale. Forse il lungo lockdown ha fatto capire loro quanto siano importanti gli affetti, tanto da non voler più fare un lavoro che è indubbiamente sacrificante; ma davvero dobbiamo accettare l’idea che è meglio stare a casa?

Al 2° posto c’è (purtroppo è la verità) la mancanza di corrispondenza tra il sogno che si vede in tv e le realtà lavorative. Visto con i miei occhi ragazzi che, dopo la scuola alberghiera, chiedevano di fare stage in ristoranti stellati, per poi scappare via dopo una settimana perché non sostenevano la pressione di lavoro in cucina.

Al 3° posto ci sono i genitori mammoni e papini che “stai a casa amore bello e non ti fare sfruttare da quei cattivoni“. Io ricordo bene quando non lavoravo e rimanevo a casa senza far nulla. I miei mi facevano sentire un peso enorme. La pressione in casa era altissima e c’era anche un certo senso di vergogna nel non lavorare. O lavoravi o continuavi a studiare, oppure in casa l’aria diventava densa. E fatemelo scrivere che do pienamente ragione ad Alessandro Borghese: si, molti della mia età, pur di imparare un mestiere, lavoravano gratis o per poche lire. Poi si diventava bravi e ci si faceva pagare. E anche bene.

Al 4° posto internet: stare senza far nulla in casa, senza cellulare, senza connessione ad internet, era un’inferno. Oggi non si ha la sensazione di essere soli, perché si è connessi con tutti anche se si è soli chiusi in una cameretta. E ogni tanto si fa finta di cercare lavoro sperando di non essere chiamati.

Al 5° posto c’è che non si vuole studiare più, non si vuole imparare più, non ci si vuole specializzare più, perché tutto questo costa troppa energia. Se a tutto questo si somma il fatto che viviamo in una società che uccide la meritocrazia e se si aggiunge che si tassano maledettamente troppo gli stipendi dei dipendenti, ecco che la tempesta perfetta è servita.

Ho la sensazione, concludendo, che il mondo della ristorazione si stia trovando all’interno di una tempesta perfetta fatta di redditi di cittadinanza erogati male, ragazzi con una visione distorta del mondo del lavoro, mancanza di imbarazzo nell’essere disoccupati, superficialità e genitori incoscienti che non comprendono quanto sia pericoloso per i loro figli perdere mesi preziosi a non imparare nulla.

Cosa dicono i protagonisti del settore in merito alla mancanza di personale

In un recente post in cui sono partite queste mie riflessioni, ho ricevuto diversi spunti e diversi pareri che hanno impreziosito il mio intervento. Alcuni di questi sono pareri in linea con il mio pensiero, alcuni altri che puntano il dito esclusivamente verso il mondo della ristorazione. Ecco, pertanto, cosa dicono i protagonisti del settore turistico, alberghiero e ristorativo, circa la difficoltà di assumere.

Antonio Stoppa – F&B Manager Ristorante La Terrazza San Marino

“Giovanni caro, lo sai che ti voglio bene, uno che rimane a casa perché prende il reddito di cittadinanza, meglio così, sarebbe stato un peso, però ti dico anche che ci sono ancora locali (hotel) che propongono stagione di 9 mesi a 800€ al mese senza riposo, ma perché? Starei a casa anch’io con il reddito di cittadinanza a queste condizioni… ormai è tardi, le prime stagioni che abbiamo fatto noi, gli stipendi erano molto più alti di un operaio in fabbrica. Adesso sono simili e in più devono lavorare senza riposi ferie ecc ecc.. Perché? Chi me lo fa fare? Quella poca gente che vuol fare questo lavoro, bisognerà iniziare a trattarla bene, altrimenti perderemo anche questi ultimi”

Marco Vegliò – Chef Patron ristorante Il Galeone di Fano

“Al posto di insultarsi tra datori di lavoro e dipendenti, io dico: nessuno si è chiesto come mai il governo non faccia niente? Possibile che in tutta Italia ci siano solo ristoratori criminali? Sarà forse il peso del costo personale a monte il problema? Come sempre ci si insulta a vicenda, ma la risposta è semplice: sedersi al tavolo dove si prendono decisioni e finalmente ragionare con leggi adeguate ad un settore che, diciamocelo chiaramente, non può avere le stesse regole di un industria! Siamo un Paese fatto di coste e borghi bellissimi e quindi viviamo di turismo, ma questo sembra che non esista. Noi ristoratori sembriamo non contare nulla.”

Mirco Ciaccia – F&B Manager Ristorante Porta Nova di Ostuni

“Caro Giovanni Mastropasqua, oggi è battaglia persa, ne sono ancora più convinto ora leggendo i commenti del tuo post. Oggi la ristorazione è uno dei pochissimi settori che dà garanzie di lavoro e di ottime retribuzioni; sfido chiunque a dire il contrario. Tu sai che io sono uno molto pratico, il problema non è nostro (ristoratori) ma di chi percepisce il reddito di cittadinanza; perché chi vuole arrivare con 700 euro a fine mese penso che due conti se li sia fatti e di conseguenza sono problemi suoi.”

Maurizio Passante – Chef Misano Adriatico

“Ciao Giovanni, ho iniziato in una pasticceria a 13 anni, poi sono passato in macelleria in un secondo momento. Mia mamma mi iscrisse a scuola alberghiera. Avevo 16 anni. Al primo anno già avevo un infarinatura dei due mestieri che ti ho menzionato. Il prof. non ci credeva che già sapevo fare la crema pasticcera o sapevo disossare un maiale. Sono esattamente 35 anni che faccio questo lavoro. E’ vero, mi sono perso molte cose; avvolte mi sono anche sentito un emarginato, ho perso tutti gli amici ed ho anche scelto di non averne più. Ho perso anche i contatti con la mia famiglia di origine, ma per fortuna sono riuscito a farmene una mia (sono tutta la mia vita). I ragazzi che non vogliono fare questo mestiere non li biasimo se il prezzo da pagare è così alto. A mio parere si deve cambiare approccio, omologare il nostro lavoro come tutti gli altri fare le 8 ore 2 giorni liberi a settimana magari a turni qualche domenica e perché no qualche sabato. Ma tutti devono pagare lo scotto per avere tutto questo. Abbassare il costo degli stipendi innanzitutto perché anche lo stato deve fare la sua parte. Cmq io amo il mio lavoro mi ha dato e mi continua dare tante soddisfazioni. Ciao Giovanni un abbraccio”

Franco Ricatti – Ex titolare del ristorante stellato “Bacco” di Bari e Barletta

“Ritengo che il problema non sia limitato alla sola ristorazione e neanche a quei rari casi di sfruttamento medievale sempre pronti ad essere puntati contro un settore che comunque sta vivendo un processo di trasformazione lento e inavvertibile. Il problema avvolge l’intero MONDO DELL’OSPITALITA’ compresi quei Resort e quegli Alberghi da copertina patinata e che non lesinano al rispetto dei contratti. E’ la qualità della vita che negli ultimi tempi viene interpretata in maniera codificata; dove fare festa e avere tempo libero è l’unico traguardo massificato e non programmato. Tutti vogliono fare gli ospiti e nessuno vuol stare dall’altra parte. Quando io iniziai ad affacciarmi a questo mondo mi dissero “Ricordati quando gli altri si divertono tu sarai super impegnato e lavorerai tanto”. Ora in un mondo di “benessere e assistito” – dove purtroppo la meritocrazia è stata demolita e i posti di lavoro sono dei numeri che vanno e vengono – nel panorama di scelta, il mondo dell’ospitalità (ancora peggio quello stagionale) è quello meno desiderato. È come in un mondo di guardie e ladri e tutti vogliono fare i ladri o le guardie a seconda dei periodi di vita che stiamo vivendo. Un esempio banale per sorridere un po’ di un problema molto serio che rispecchia una società malata da ricodificare.”

Gualberto Compagnucci – Associazione Italiana Sommelier Ancona

“Riprendo l’argomento dicendo, anche se il problema non è solo questo, che stranamente ciò è sorto subito dopo l’introduzione del reddito di cittadinanza. Uno si prende 700 euro al mese e fa poi qualche extra in nero e supera abbondantemente i 1000 senza sudare troppo. Nel caso la colpa è del governo o dell’ ufficio competente il quale dovrebbe contattare e comunicare a codesti signori e signore che sono disponibili diversi posti di lavoro a loro pertinenti. Va da sé che se non accettano il reddito dovrebbe essere immediatamente sospeso. Invece, come al solito, il tutto è gestito alla garibaldina. E ricordiamo a codesti signori/e….che lavorare in un ristorante non è ne un disonore e tanto meno malpagato. Certo è che, come è sempre stato, nei ristoranti si lavora pranzo e cena e il week end sono i giorni più impegnativi e poi c’è il giorno di riposo e le ferie ovviamente pagate. Se si ha volontà e si mette impegno, formazione studio, si può assurgere ad una bella carriera, come ha fatto il sottoscritto che studiando e lavorando…partendo con una scopetta in mano a 14 anni ha raggiunto i massimi vertici dirigendo nella maturità due ristoranti stellati, un gruppo alberghiero e con la soddisfazione di aver vinto un titolo nazionale come Sommelier”.

Antonio Bufi – Chef

Ma veramente pensate che il problema sia il reddito di cittadinanza?


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